Girando per le sale del BTO penso di aver visto più
TECNOLOGIA MOBILE che nel più mega megastore di mediaworld. Era naturale, quindi,
che parlassero di app e turismo.
In questo campo regna sovrana “foursquare”, social network
nato a New York specializzato in geotagging ( ovvero dire a tutti con un
semplice click che mi trovo a Roma dallo zozzone di piazza Sempione a mangiare
il kebab, o in termini più generici comunicare agli amici dove ci si trova,
eventualmente associando foto o commenti ).
Nello specifico foursquare si basa sulla logica del check-in:
apri la tua app, e il tuo cellulare ti dice i posti più vicini a te da
visitare, dove mangiare, dove dormire, dove studiare e chi più ne ha più ne
metta. Nel caso in cui ti trovi o decidi di andare in uno di questi posti puoi
fare il check-in che verrà comunicato a tutti i tuoi amici (molti dei quali ti
malediranno perché hanno giocato a vegeto tutto il giorno sul divano) se un tuo
amico ha visitato un posto vicino a te e lo ha commentato su foursquare potrai
leggere il suo commento e sapere che Tizio Caio e Sempronio ci sono stati.
Ovviamente nel turismo tutto questo è rivoluzionario, per la
prima volta internet non ti lega ad un posto, ma grazie alla tecnologia mobile
e ai progressi nelle reti 4G ti prende per mano e ti guida nella tua città o
nel luogo che stai visitando.
Il tutto è associato a un gioco, raggiunto un certo numero
di check-in ti viene dato un badge, una specie di medaglietta scout che appare
sul tuo profilo, si possono anche fare gare con gli amici, anzi la competizione
è stimolata dalla grafica della homepage che indica quanto sono vicini i tuoi
amici a raggiungere l’ambitissima medaglietta scout rispetto a te. E se fai un
numero di check-in spropositato puoi diventare sindaco di una determinata area,
puoi visionare ed approvare i commenti degli altri utenti e darti un tono con
gli amici che continuano a non schiodarsi dal divano.
Ovviamente oltre l’aspetto ludico e vagamente ansiogeno dei
“check-in” e dei badge, i ristoratori e gli albergatori vedono questo canale
promozionale estremamente vantaggioso, è una pubblicità gratuita e molto
efficacie ( perché a suggerire il posto
può essere anche un amico o un conoscente, qualcuno di cui il potenziale
cliente si fida e sappiamo che il passaparola rimane una delle cose che teniamo
più in considerazione nelle nostre scelte, specialmente in quelle riguardano il
tempo libero).
Pubblicità praticamente gratuita, da canali di cui il
potenziale cliente si fida, per le attività ricettive è il paradiso. Ma cosa
possiamo dire del turista? Qui il discorso è molto diverso.
Sappiamo ormai che nei social network il prodotto sei tu,
iscrivendoti a foursquare ti classificano in base alla tua età, ai tuoi gusti,
al tuo orientamento sessuale e anche a come ti lavi i denti, siamo proprio
sicuri di essere così lontani dalla società del grande fratello che dipingeva
Orwell?
Ma tralasciando i luoghi comuni sociologici sentiti e
risentiti, parliamo dell’esperienza di viaggio: con check in, foto su
pinterest, stati twitter di 140 caratteri stiamo perdendo il gusto del
racconto. E’ tutto confezionato in dei format standard che compiliamo a nostro
piacimento, ci stiamo abituando ad incasellare, selezionare abbreviare, volendo
potremmo già visionare il menù del ristorante indiano di Londra dove vorremmo
andare da qui ad un mese.
In viaggio ci basta tablet o uno smartphone ed una buona
connessione per sapere esattamente dove andiamo e cosa dobbiamo vedere ma
questo ha un costo, e il prezzo da pagare è la perdita della nostra capacità di
smarrirci, di immaginare e di scoprire. I social network sono estremamente
utili, sono la prima a riconoscerlo ( e ad esserne dipendente), ma ricordiamoci
di non farci mai portare via i piccoli piaceri e dolori degli imprevisti.
Sherazade al tempo raccontava storie per salvarsi dall’uxoricidio,
forse dovremmo valutare bene il suo esempio e ricordarci dell’importanza del
raccontare, senza incasellare e riassumere, perché una storia è veramente tua
solo quando qualcun altro è pronto ad ascoltarla. Almeno è così che la vedo io.